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Nell'inverno del 1854 un giovane entusiasta Tolstoj, allora ufficiale d'artiglieria, chiese e ottenne di essere trasferito nel Caucaso, nella città di Sebastopoli assediata dai francesi e dai loro alleati turchi. Animato da un fervente patriottismo e da un'idea nobile della battaglia, il servizio effettivo sul campo gli insegnò presto gli orrori e le meschinità della guerra, mostrandogli soprattutto le deplorevoli condizioni in cui versava la fanteria russa, (una disarmante sorpresa per un ventiseienne aristocratico proveniente da Mosca, quale lui era), evidente sintomo della debolezza della monarchia russa. Iniziò con vivida lucidità a registrare sul suo diario quello che accadeva durante le diverse fasi d'assedio, e l'effetto che esso sortiva sugli uomini comuni e sui compagni d'armi. Il suo massimo obiettivo era catturare la verità in tutta la sua crudezza, per mostrare al pubblico colto del suo paese il coraggio e la viltà, la vanità e l'eroismo, l'esaurimento sia fisico che emotivo dei difensori che i dispacci militari non erano in grado di comunicare. Ne "/ racconti di Sebastopoli", pubblicati separatamente fra il 1855 e il 1856, nei quali già s'intravede il genio che in seguito scriverà quello che è uno dei più grandi romanzi mai scritti, "Guerra e pace", Tolstoj riuscì a esprimere in modo magistrale il fascino dell'uomo verso la guerra, la gioia quasi infantile di fronte alla prospettiva di assistere al conflitto, ma anche l'intorpidimento emotivo nell'affrontare la morte, infine il dissidio dell'uomo di fede nell'accettare, senza poter giustificare, l'inferno che gli uomini sono capaci di ricreare in terra.